L’Unione Europea: la libera circolazione delle persone – nuovi mercati per il turismo
Nei giorni scorsi abbiamo iniziato ad affrontare il tema della libera circolazione delle persone (vedi articolo “La libera circolazione delle persone – occasione per le imprese”), dove è stato quantificato il costo ed il potenziale effetto sull’economia derivante dal ripristino delle frontiere all’interno dello spazio comunitario. Per completare l’analisi, approfondiremo perciò il costo che una tale scelta politica avrebbe sull’industria turistica.
Come analizzato nell’articolo precedente, dalle nostre elaborazioni il numero complessivo di viaggi internazionali all’interno dell’Unione Europea è stimabile nel 2012 in circa 373 milioni. Escludendo il numero di viaggi di affari, si stimano oltre 313 milioni di viaggi più strettamente “turistici”.
Nell’articolo precedente è stato ipotizzato il costo connesso con il ripristino completo dei controlli di frontiera, stimabile in € 1.000 (fra costi effettivi e ore di impegno) per ogni viaggio. È pertanto ipotizzabile che tale livello di costo comporti un blocco completo dei viaggi internazionali di breve durata (in quanto il costo dei documenti ed il tempo necessario per ottenerli sarebbe una barriera troppo elevata per i consumatori). Dalle nostre analisi sui dati della Banca di Italia, i viaggi di breve durata (inferiori ai 5 giorni) costituiscono circa il 52% del totale dei viaggi internazionali intracomunitari.
Applicando tale riduzione, significa che si perderebbero circa 163 milioni di viaggi e 210,4 milioni di notti. La spesa media giornaliera stimata per questa categoria (senza considerare le spese di trasporto) è di € 140,21. Pertanto la perdita complessiva che si genererebbe sull’economia europea sarebbe di oltre 29,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa lo 0,25% del PIL dell’Unione.
Per l’Italia il danno sarebbe anche maggiore. Dalle nostre elaborazioni sui dati della Banca d’Italia relativi all’anno 2015 emerge che il numero di notti di turisti stranieri comunitari in Italia è stato di oltre 216,7 milioni. Il numero di notti connesse con i soggiorni brevi è stato di oltre 112,8 milioni. Applicando il parametro di spesa giornaliera, nell’ipotesi di ripristino integrale delle frontiere il nostro Paese soffrirebbe di una perdita economica di oltre 15,8 miliardi di euro, pari a circa l’1% del PIL nazionale, senza considerare la perdita che subirebbe il settore dei trasporti. In altre parole, l’impatto che il nostro Paese pagherebbe sarebbe 4 volte più alto rispetto a quello che la UE soffrirebbe nel suo insieme. A parità di altre condizioni, il mercato del lavoro italiano si troverebbe con oltre 53.800 nuovi disoccupati!
Secondo le nostre stime, pertanto, la cancellazione degli accordi di libera circolazione delle persone (siano essi turisti o viaggiatori di affari) con un ripristino integrale delle precedenti normative comporterebbe per i Paesi dell’Unione Europea un maggior costo stimabile in circa 89,5 miliardi di Euro, corrispondenti allo 0,75% del PIL. Considerato il livello di apertura verso l’estero delle nostre aziende e l’attrattività turistica che esercita il nostro Paese, il costo che l’Italia pagherebbe sarebbe di oltre 25 miliardi di euro, corrispondenti a circa l’1,5% del PIL e la scelta politica comporterebbe un aumento del numero di disoccupati stimabile in oltre 86.000 persone. L’Italia pertanto sarebbe uno dei Paesi europei a pagare il costo sociale maggiore di una simile scelta.
Nel prossimo articolo inizieremo ad approfondire i cosiddetti “vincoli di bilancio” che l’Unione Europea chiede di rispettare. Continuate a seguirci.