La Gallura orientale: terra di immigrazione

La città di Olbia ed il suo territorio circostante (Arzachena, Palau, Loiri Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni) sono universalmente riconosciute come “terre di immigrazione”. Ma quanti sono gli immigrati in questo territorio? Sono in prevalenza uomini o donne? Sono europei, africani, asiatici o americani? Perché decidono di trasferirsi nel nostro territorio? Una recente indagine da noi condotta ci permette di rispondere ad alcune di queste domande.

La nostra analisi inizia dalla verifica dell’ipotesi iniziale: siamo davvero terra di immigrazione? La risposta sembra decisamente affermativa. Olbia ed i suoi comuni limitrofi registrano una popolazione straniera residente di 8.655 persone su una popolazione totale di 90.610 abitanti. Il valore è pari al 9,6% e non solo è più elevato della media nazionale (8,3%) ma è fortemente più elevato della media regionale, che si ferma al 2,9%.

Se oggi siamo già “terra di immigrazione” lo saremo ancora di più in prospettiva futura: fra il 2012 ed il 2016 la popolazione di questo territorio è cresciuta di 9.462 abitanti (pari al +2,8% a fronte di una media nazionale del +0,5% e regionale del +0,3%). Ma il merito di questa crescita è stato in gran parte della popolazione straniera: i nuovi abitanti arrivati dall’estero hanno contribuito per oltre un terzo alla crescita della popolazione. Con 3.411 nuovi abitanti la popolazione straniera è cresciuta del +65% (media nazionale del +24% e regionale del +53%). Inoltre, in tale periodo 469 stranieri hanno ottenuto la Cittadinanza Italiana e sono adesso conteggiati fra i residenti di origine italiana: sommando questi nuovi cittadini ai residenti di nazionalità straniera emerge che oltre il 10% della popolazione locale è di origine straniera. In un’analisi in prospettiva è possibile prevedere che oltre alla costanza di nuovi trasferimenti sul territorio si registrerà anche un’incidenza più elevata di nascite di nuovi abitanti con genitori stranieri: infatti, la popolazione straniera in età da lavoro (e, conseguentemente, tendenzialmente in età fertile) è dell’81,7%, rispetto al 71,5% della popolazione italiana. Inoltre, la popolazione straniera fra 0 e 45 anni di età ammonta al 75,4% degli stranieri residenti, mentre fra gli italiani residenti tale percentuale scende al 52,9%.

Pertanto possiamo affermare che il nostro territorio è “terra di immigrazione”. A questo punto possiamo provare a dare una risposta alle domande iniziali per verificare se il “sentore popolare” sia vero oppure no. L’analisi dei dati fa emergere in primo luogo che è improprio parlare di “stranieri” in quanto sarebbe più corretto parlare di “straniere”. Infatti, oltre il 51% degli stranieri residenti è di genere femminile. Il secondo elemento di analisi fa emergere che la maggior parte della popolazione immigrata è molto simile alla popolazione residente per caratteristiche etniche e culturali: la grande maggioranza degli stranieri è di origine europea (oltre il 65%). La parte restante si divide fra Maghreb (Marocco e Africa settentrionale) che registra l’11%, Asia (9%), altri Paesi Africani (7%) e altri continenti (8%).

Le straniere residenti sono quasi esclusivamente di origine europea (oltre il 75% di loro), mentre l’immigrazione maschile è più omogenea, seppur gli europei siano comunque più della metà della popolazione totale.

Il principale Paese di origine degli stranieri è la Romania, con 3.694 abitanti residenti (42,6% del totale) seguiti dal Marocco (838 abitanti), dal Senegal (556 abitanti) e dal Pakistan (407 abitanti).

A questo punto è possibile rispondere alla domanda successiva: perché si trasferiscono nel nostro territorio? La risposta sembra abbastanza univoca: per motivi di lavoro. L’analisi dei dati del Censimento, infatti, sembra evidenziare in modo abbastanza certo che i trasferimenti avvengano principalmente per motivi di lavoro e non per ricongiungimenti familiari. Infatti, mentre in Italia circa il 68,8% degli stranieri vive in “famiglie miste” dove è presente almeno un cittadino italiano, nel nostro territorio questo dato scende al 28,3% (è pari al 31,8% a livello regionale). Anche altri indicatori sembrano supportare l’ipotesi di trasferimenti per motivi di lavoro: la popolazione straniera residente presenta una partecipazione al lavoro molto più elevata rispetto alla popolazione italiana residente: 65,1% rispetto al 52,7%. Anche l’analisi per generi presenta una partecipazione al mercato del lavoro più alta: il 76,1% dei maschi stranieri rispetto al 63,1% dei maschi italiani ed il 56,9% delle femmine straniere rispetto al 42,5% delle italiane.

L’occupazione maschile si divide principalmente fra il settore secondario (in modo prevalente l’edilizia) ed il terziario (servizi, ristorazione e commercio). Il settore primario riguarda solamente una parte residua di occupati maschi (meno del 10%). Le donne, invece, operano quasi esclusivamente nel terziario, dividendosi fra assistenza domestica, ristorazione, servizi e commercio.

Gli stranieri in cerca di nuova occupazione sono in prevalenza giovani: circa il 75% di loro ha un’età compresa fra 18 e 45 anni.

I livelli di istruzione della nuova popolazione straniera che arriva nel territorio non sono molto elevati: solo il 3% ha la laurea, il 19% ha il diploma di scuola secondaria superiore, il 36% ha il diploma di scuola secondaria inferiore ed il restante 42% ha titoli di studio più bassi. Il dato si discosta rispetto alla popolazione italiana, che registra il 9% di cittadini laureati, il 32% di diplomati nelle superiori, il 36% di diplomati nelle medie inferiori ed il restante 23% ha titoli di studio più bassi. Migliore il dato della conoscenza della lingua italiana: le nostra analisi stimano un livello di conoscenza ottimo o comunque buono per oltre l’82% degli stranieri residenti.

La Gallura orientale è pertanto terra di immigrazione: se per alcuni decenni essa ha attratto soprattutto persone dalla Sardegna e dall’Italia continentale, in questo periodo è meta di immigrazione soprattutto per i cittadini europei. Un territorio dinamico ed in crescita sociale ed economica che continua ad arricchirsi con l’arrivo di nuove culture e nuove etnie e soprattutto di popolazione giovane in età da lavoro. Se da un lato tutto ciò rappresenta un’indubbia opportunità di sviluppo dall’altro lato presenta sicuramente un’importante sfida: la coesione sociale. Le prospettive di sviluppo del territorio sono sicuramente connesse con la coesione che il tessuto sociale saprà sviluppare e che non può limitarsi ad un mero aspetto amministrativo di “cambiamento di residenza” o acquisizione di cittadinanza, ma dovrà necessariamente ampliarsi a tutti gli aspetti della società per arrivare alla rappresentanza politica, indispensabile per garantire una crescita inclusiva di tutto il tessuto socio – economico e lo sviluppo di senso di appartenenza al territorio. Al momento questo sembra ancora un obiettivo lontano: nonostante decenni di immigrazione da altre regioni di Italia, nei consigli comunali locali la quasi totalità dei membri è rappresentanza delle comunità originarie del territorio e guardando i cognomi dei consiglieri pochi sembrano di origine “continentale”. E chissà quanti anni bisognerà aspettare per vederne qualcuno di origine “straniera”. È probabilmente giunto il momento di aprire una nuova fase dove chi è arrivato e chi sta arrivando viene coinvolto attivamente in tutti gli aspetti della vita sociale affinché tutte queste nuove energie possano essere convogliate verso lo sviluppo congiunto del territorio senza correre il rischio che il tessuto sociale si frammenti pericolosamente fra “locali”, “altri italiani” e le varie comunità di immigrati e che la partecipazione alla vita politica sia sempre più bassa, sviluppando situazioni di conflitto sociale che sono già tipiche di altri Paesi europei.

 

Fonti dati:
- Censimento ISTAT della popolazione italiana 2011
- ISTAT: indagini demografiche annuali
- SPS: analisi su fonti dati ed indagini interne